
Il Decreto Crescita del 2019 (Art. 13 comma 1 DL 34/2019) ha previsto l’obbligo a carico dei marketplace, ovvero degli operatori che, avvalendosi di piattaforme elettroniche facilitano la vendita a distanza, di trasmettere i flussi di vendita dei propri iscritti all’Agenzia delle Entrate.
Questo a partire dall’anno di imposta 2019, con cadenza (a regime) trimestrale. Il primo invio aveva scadenza 31 ottobre 2019.
A cosa serve tale monitoraggio?
L’Agenzia delle Entrate dichiara, nella propria pagina dedicata all’adempimento, che tali dati saranno usati per monitorare il volume delle vendite a distanza dei beni. Di fatto, non esistendo un regime di vendita occasionale per artigiani e commercianti, questo permetterà la segnalazione di diverse posizioni irregolari presenti sui marketplace anche da diversi anni.
L’adempimento, per i marketplace, non è molto complesso nè diverso da numerose altre trasmissioni all’Agenzia: può essere fatto direttamente o tramite intermediario, attraverso un software dedicato.
Quindi, se ho uno shop su Etsy, cosa cambia?
Con un certo ritardo, Etsy ha recentemente scritto ai negozi che, sul proprio marketplace, non hanno indicato la propria partita iva, invitandoli a registrare il proprio numero entro e non oltre il 21 gennaio 2021, per poter comunicare i dati relativi alle vendite 2020.
Di conseguenza, molti venditori, senza partita iva, hanno sospeso i propri shop (cosa che comunque verrà fatta da Etsy stessa per coloro che non regolarizzeranno la propria posizione entro la deadline indicata) in attesa di valutare il da farsi. Cosa accadrà ai dati del 2020? Gli scambi verranno comunque trasmessi all’Agenzia (così come sono già stati trasmessi quelli del 2019).
Purtroppo, in Italia per artigianato e commercio non esistono regimi “occasionali”. La soglia di 5.000€ che spesso si sente indicare non esiste, pertanto per tutti coloro che avviino un negozio su Etsy sarebbe da subito obbligatoria la partita iva. Hobbisti e creativi, infatti, non possono vendere online, ma sono legati alla realizzazione di mercati sul territorio.
Cosa ne penso?
Penso che sicuramente avverranno degli incroci di dati da parte di Agenzia delle Entrate tra quanto trasmesso dai marketplace per 2019 e 2020 con i redditi dichiarati, eventualmente, nel quadro RL del proprio Unico o 730. L’Agenzia delle Entrate, infatti, testerà se sono stati dichiarati tali redditi. Ma il problema, a mio parere, non è questo. Il fatto è che queste attività sono vere e proprie imprese, e non hanno, se non hanno partita iva, una posizione previdenziale. Pertanto, se tali dati saranno poi condivisi dall’Agenzia con il Registro Imprese, l’Inps e l’Inail ritengo che potrebbero esserci diversi accertamenti e iscrizioni d’ufficio da parte di tali Enti che avevano, sinora, chiuso più di un occhio su posizioni diciamo marginali (ma non troppo: alcuni shop non regolari hanno migliaia di vendite!)
Per saperne di più
Vi consiglio di seguire questi link di approfondimento:
Agenzia delle Entrate, Circolare n. 13 del 1° giugno 2020, Termini e modalità di trasmissione dei dati relativi alle vendite a distanza di beni che avvengono mediante l’uso di una interfaccia elettronica
FiscoOggi, Rivista online dell’Agenzia delle Entrate, 18/10/2019, Vendite di beni tramite marketplace
Ipsoa Quotidiano, 20/09/2019, Markeplace e vendite a distanza: attivo il canale telematico per inviare i dati
Euroconference News, 30/09/2019, La comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle vendite online
Commercialista Telematico, 04/06/2020, Vendite occasionali su marketplace
Molto interessante. Io mi chiedevo: per vendere su un marketplace o possedere un ecommerce bisogna avere per forza inquadramento artigiano/commerciante o anche professionisti come designer di vari ambiti possono vendere prodotti fisici, multimediali o servizi?
Buongiorno Mari,
è possibile anche per professionisti. Si tratta fiscalmente sempre di servizi (come da Regolamento UE), però sono necessari gli adempimenti relativi all’e-commerce diretto, quali l’iscrizione al Registro Imprese e la verifica, di conseguenza, della possibilità di essere iscritti alla gestione Inps Artigiani/commercianti. E’ necessario, in tal caso, fare una valutazione personalizzata, caso per caso.
quindi quindi in sostanza che cosa cambia se uno ha poche vendite o comunque non supera i 5000 annui?
certo è vero che ci sono shop con migliaia di vendite e senza partita iva, ma la non regolarità della vendita continuativa era vera anche prima
per scrupolo si può mettere il codice fiscale, come si è spesso fatto anche in passato, ma non credo che l’agenzia delle entrate verrà a sanzionare chi ha 4 vendite in croce su Etsy
Veramente i 5.000€ sono una “leggenda” e non un parametro. Se, anche molto prima di tale cifra, chi controlla (Agenzia Entrate, Inps, Guardia di Finanza), riscontra attività regolare, sistematica e ripetitiva, tramite accertamento induttivo può portare a tassazione i redditi, i contributi omessi nonchè sanzionare evasione dell’iva e omesse dichiarazioni (non quelle forfettarie ovviamente, ma tutte le ordinarie). In ogni caso concordo, non serviva aspettare la Direttiva, le norme italiane da sempre sono orientate in tal senso.
non so perché nella mail di Etsy si parla della soglia ma non viene specificato altro, mi auguro che sia quella dei 5.000 magari un po’ più ufficializzata, che poi basterebbe quello, ufficializzare che si può vendere senza sanzioni e raggiunta la soglia ci si mette in regola come attività a tutto tondo, anche se in altri Paesi la soglia per il VAT è davvero alta,
in Italia vendere 6.000 significa portare a casa circa 2.000 euro una volta pagate tasse commercialista ecc.